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Il Santuario rinnovato
Autenticati questi fatti, pensò giustamente il Rettore D. Antonio Sassi che fosse giunto
il momento di dare alla sacra immagine una più degna sede e di restaurare la chiesa
di Sulo. Fece quindi istanza al sig. Conte Paolo Gambi affinché si degnasse
acconsentire che la miracolosa Immagine venisse trasportata dalla Celletta alla
Chiesa. Il sig. Conte acconsentì al trasporto, ponendo speciali condizioni, che non
furono osservate se non in piccola parte.
Le condizioni erano:
1) di erigere nella Chiesa di Sulo una Cappella propria per la miracolosa Immagine
che vi si trasportava, senza che fosse in alcun modo gravata di ciò la famiglia Gambi;
2) che detta Cappella sia sotto il titolo della nuova Immagine e si dichiari proprietà del
detto sig. Paolo Gambi e suoi eredi in apposita lapide che racconti l’accaduto e porti
Tarma della sua famiglia;
3) che per qualsiasi cambiamento sia in facoltà del sig. Gambi e suoi eredi di
rimuovere e portar via TImmagine;
4) che oltre l’iscrizione si faccia di tutto regolare atto notarile con l’approvazione del
Vescovo diForlì.
Dagli atti della Visita Pastorale dell’8 settembre 1694 risulta che la chiesa di Sulo era
stata ricostruita sopra beni dei Padri Gesuiti, che aveva un solo altare, provvisto di
tutto.
Vi era già stata trasferita la sacra Immagine, alla quale accorrevano fedeli anche dalla
ville e città vicine, e poiché affluivano anche le offerte, il vescovo deputò come
depositario il Cav. Romualdo Sassi, certamente parente del Rettore, perché le somme
fossero regolarmente erogate ai dovuti scopi. L’altare è sempre rimasto unico e la
Cappella speciale prevista nei piatti precedenti non fu mai costruita. Tuttavia non se
ne adontò certamente il Sig. Gambi, nessuna traccia si trova di dissensi nei documenti.
Anzi il foglio annesso alle Memorie di casa Gambi ci ricorda che un antenato del Sig.
Ruggero, vedendo che i pellegrini calpestavano il suo campo vicino a Sulo, risolvette
di stralciare alcune pertiche di terra contigua alla Chiesa e di destinarla a prato per
comodità dei forastieri. Ma aggiunge la stessa Memoria che intorno al 1727 i Gesuiti
ne fecero un vivaio di viti chiuso da siepe, sicché il Signor Ruggero Gambi ebbe a
muoverne lagnanza e a chiedere che il terreno gli fosse restituito.
Ma la domanda rimase giacente nell’archivio dei Gesuiti, e solo dopo la loro
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